GIOTTOATAVERNOLA
Le Santelle di Tavernola
Sul territorio comunale tavernolese sono presenti varie santelle e la maggior parte di esse è dedicata alla Vergine Maria. Quella posta tra la villa Sina e l’arboreto Fenaroli è una delle più originali soprattutto da quando (aprile 2022) è stata restaurata a cura di due benemerite associazioni locali: AVIS e AIDO. Il risultato conseguito è assai positivo e merita l’attenzione e il plauso di tutti i concittadini per la resa artistica efficace. Curiosa è la collocazione della santella: essa si trova, infatti, al termine della strada consorziale denominata “Trozzo della Rocca” che scendeva dalla “via di Basso” e conduceva al vecchio porto/pontile di Tavernola. Il dipinto ha un particolare valore devozionale e “didattico” per la strana compresenza e mescolanza dei Santi rappresentati, oltre alla Madonna con il Bambino che tiene in mano il simbolo del mondo. Viene spontaneo chiedersi quale sia il senso della strana varietà e posizione dei Santi raffigurati. Orbene, Marie è in alto, nobile e gloriosa, attorniata da cinque piccoli angeli festanti. È lei, la Madre del Bambino – Salvatore e, al tempo stesso, di tutti i redenti. Il santo con l’indice alzato è, secondo alcuni critici, san Bernardino da Siena, il grande oratore francescano del XV secolo, che sollecita alla venerazione e alla lode della Vergine. Emergono, poi, san Rocco e san Sebastiano: il primo invocato quale guaritore durante le pestilenze o le pandemie, e il secondo invocato quale “testimone” e martire della fede nei primi tempi del Cristianesimo. Sant’Ambrogio lo elenca, infatti, tra le vittime della persecuzione dei Diocleziano. Infine, va notato san Giuseppe, il fedele e coraggioso sposo di Maria. Il bastone fiorito sta a simboleggiare il suo privilegio, ma anche la sua sapienza e la singolare responsabilità di custode e guida. Nel 1870 è stato proclamato da Pio IX patrono universale della Chiesa. Siamo di fronte ad un dipinto di devozione autentica e “corale”, ricco di importanti insegnamenti per il credente di ieri e di oggi. La “Madonnina” in via Sarnico è, ancora oggi, una meta e un punto di riferimento per persone, anche anziane che, camminando dal centro storico sul lungolago, qui si fermano per una breve preghiera, per accendere un lumino e per portare fiori freschi colti nel proprio giardino compiendo questo breve quotidiano pellegrinaggio.
Un’altra piccola immagine affrescata che viene chiamata affettuosamente “Madonnina del Coren” è posta sulla parete nella strada esterna rispetto alla galleria vicina all’ingresso del pozzo glaciale chiamato “Marmitta dei giganti”. Continuando in direzione Lovere era visibile fino al 2020 la “Madonnina del Caì”, una piccola e semplice statua in gesso della Madonna che era stata collocata in una piccola “grotta” di tufo accostata alla cabina Enel abbattuta per procedere all’allargamento della strada verso Lovere. Si racconta che questo piccolo angolo di preghiere, quasi un piccolo santuario, sia stato ricavato nel tufo da un gruppo di ragazze durante la seconda guerra mondiale. Lì pregavano la Madonna soprattutto durante le sere del mese di maggio in quegli anni così pericolosi. Esisteva, fino alla fine degli anni 1970, nell’ortaglia dell’Istituto Cacciamatta, una ulteriore immagine della Madonna dove si svolgevano le devozioni per la Madonna di Lourdes in una bella grotta di tufo che è poi stata demolita per lasciare lo spazio alla palestra comunale. Lungo la via Valle un’immagine della Madonna è affrescata sulla parete esterna della casa Pedrocchi e ricorda l’apparizione a Fatima; Maria è dipinta con i 3 pastorelli: Lucia, Jacinta e Francisco circondati da pecorelle ed agnelli. Sulla strada mulattiera per Cambianica un’altra “santella” dedicata alla Madonna Addolorata riporta la scritta: “Mira o figlio sleal pel tuo delitto di quante spade il cuor m’hai trafitto”. La devozione Mariana era molto sentita ed è evidente che le diverse edicole qui ricordate sono poste in luoghi che erano frequentati ed importanti e necessitavano quindi di protezione. L’apoteosi della devozione alla Madonna è diventata poi il santuario di Cortinica, ma non ha fatto trascurare o dimenticare i luoghi di preghiera abituali, quotidiani e popolari che rivelano un culto davvero sentito e praticato senza liturgie codificate e, forse proprio per questo, più sentito e sincero.
Non è raro il caso, viaggiando, di imbattersi in “santelle” (edicole) posizionate nelle vicinanze di ponti: una di queste ce l’abbiamo da più di un secolo anche a Tavernola ed è posta proprio in cima alla via Valle, sulla sponda destra del torrente Rino, in prossimità del cosiddetto “Ponte di San Giovanni”, ed è la santella di San Giovanni Nepomuceno, un santo poco noto ma che è riconosciuto come il santo patrono dei ponti, ma non solo.
Ma perché patrono dei ponti? Giovanni nacque attorno al 1330 in Boemia e dopo gli studi si avviò alla carriera ecclesiale, diventando segretario dell’arcivescovo di Praga. Secondo la storia/tradizione sarebbe stato confessore della regina Giovanna di Baviera ed il re, Venceslao IV, avendo dei dubbi sulla fedeltà della consorte, avrebbe ordinato a Giovanni di rivelargli quanto dettogli in confessione dalla regina: Giovanni resistette ad ogni sorta di pressione del re che alla fine lo fece gettare dal ponte Carlo nel fiume Moldava, dove annegò. Su quel ponte fu poi eretta una statua del santo, dove oggi molti devoti accarezzano il basamento con la scena del martirio, come portafortuna. Da qui nacque la venerazione di Giovanni patrono dei ponti e del segreto confessionale.
Quando fu costruita la santella sul torrente Rino? Non si hanno notizie sulla data della sua originaria costruzione, infatti dalla consultazione dell’archivio Cacciamatta si sa con certezza che lì c’era una prima santella, sempre dedicata a San Giovanni Nepomuceno, che fu demolita in seguito all’allargamento della strada Vigolo-Tavernola (1908 - 1912) e che l’attuale fu ricostruita nel 1912, infatti sul retro sono incisi sia la data di costruzione che il nome di uno dei due muratori, Pedrocchi Giovanni (l’atro era Sorosina Giovanni, ma la sua firma non compare).
La parte muraria esterna della santella è stata ristrutturata nel 2008 in seguito ad un’iniziativa promossa nell’ambito della ricerca sulla storia locale dalla classe 5^ di quell’anno scolastico e coordinata dai maestri Pietro Bettoni (+) e Rosario Foresti. Le opere murarie di ristrutturazione furono eseguite gratuitamente dall’Impresa Sorosina di Tavernola, come gesto di ricordo del loro antenato e capostipite/fondatore della attuale società, appunto quel Giovanni che aveva ricostruito la santella. L’affresco della santella è opera del pittore loverese Giuliano Volpi (1838-1919), come risulta dagli archivi della Fondazione Buonomo Cacciamatta; le condizioni dell’affresco erano ormai molto deteriorate, ragion per cui la Sezione Avis di Tavernola, in continuità con il restauro effettuato lo scorso anno con la santella in via Sarnico, all’imbocco della strada consorziale “Trozzo della Rocca”, ha deciso di assumersi l’onore e l’onere della sua ristrutturazione, affidando l’incarico del lavoro alle restauratrici Carla Bonomi e Laura Fumagalli.
Ma ora veniamo all’affresco: i pittori, per aiutarci a distinguere i vari santi, hanno creato una simbologia che ricorda gli episodi più significativi della loro vita: nel caso di San Giovanni Nepomuceno lo si usa ritrarre con veste talare, tricorno nero, cotta bianca, croce pettorale, cinque stelle nell’aureola (che indicano il bagliore inspiegabile del suo corpo quando fu ritrovato nel fiume Moldava), la palma, segno del martirio, e dito indice puntato all’altezza della bocca, che è segno del silenzio confessionale per il quale il Santo ha subito il martirio. Nel restauro dell’affresco in via Valle sono poi riemerse e ricostruite il più fedelmente possibile un’immagine di Tavernola pre avvallamento del 1906 (alla destra del Santo) e, a sinistra, la scena del martirio di San Giovanni.
La Sezione Avis di Tavernola, nell’ambito di un percorso educativo iniziato lo scorso anno con la ristrutturazione della santella in via Sarnico, è lieta dunque di offrire alla comunità questo suo nuovo contributo quale partecipazione concreta al mantenimento del patrimonio storico culturale paese, testimonianza viva del nostro passato e della “piccola storia”, ma pur sempre storia, del nostro paese.